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Sono in una capanna immersa nella giungla, ospite di un’anziana coppia mentawai, lui Panghé, lei Teo Panghé. I loro corpi sono ricoperti dei tipici tatuaggi di questa popolazione: linee curve sul collo, sul mento, sulle spalle, sul petto e altri motivi sulle braccia, sulle mani e sulle caviglie. A differenza delle donne, gli uomini hanno linee tatuate anche sui glutei, le cosce e le gambe. I mentawai sono conosciuti per la strana pratica del teeth chiseling: per le donne avere i denti appuntiti è sinonimo di bellezza.
 
Coppia mentawai
I due dimostrano un’ottantina d’anni, ma si muovono entrambi come cinquantenni in salute: si siedono a terra e si rialzano velocemente, per salire sulla palafitta camminano su di un sottile tronco i cui scalini sono scavati da qualche colpo di macete.
Panghé indossa l’abbigliamento tradizionale di un sikerei (sciamano): un perizoma bianco e rosso – chiamato baiko – ricavato dalla corteccia di due diversi alberi che quando si secca prende diverse colorazioni. 
Teo Panghè, a seni nudi, ha solo un sarong stretto alla vita. Nonostante i piccoli seni cadenti e le rughe della vecchiaia, le linee tatuate e i movimenti gentili la rendono elegante. Mi dedica le attenzioni di una nonna, ma in modo discreto e rispettoso. “Malage? Sagu? Durian?”, “Hai mangiato? Vuoi del sagu, del durian?” mi chiede in continuazione… e mi viene in mente la “rezdora” emiliana della mia terra, che si comporta allo stesso modo offrendo vino, pane e salame.
Baiko Mentawai
Il Baiko: l’indumento degli sikerei, gli sciamani mentawai
Anche i mentawai hanno il loro “pane”, si chiama sagu e si ottiene dalla cottura di un impasto ricavato sbriciolando il tronco secco dell’omonimo albero; una foglia rigida e spinosa funge da grattugia. Le donne aggiungono anche del cocco tritato per dare un po’ di sapore, poi avvolgono il composto in lunghe foglie, le mettono a grigliare sopra al fuoco e in una quindicina di minuti il sagu è cotto, si sfoglia e si presenta come un soffice tronchetto bianco.
Cooking sagu mentawai
Cottura del sagu
Sagu
Il sagu
Oltre al sagu i mentawai mangiano il maiale, che allevano allo stato brado, galline, cervi e scimmie; raccolgono frutti come il durian e il rambutan, che la giungla offre in abbondanza, ma non praticano l’agricoltura. L’uccisione di un animale, anche una gallina, comporta una breve cerimonia in cui il sikerei chiede il permesso allo spirito dell’animale. I teschi dei maiali, dei cervi e delle scimmie, le penne delle galline e le code degli scoiattoli che hanno riempito le loro pance vengono poi appesi al tetto della capanna, in modo che lo spirito rimanga a proteggere la casa. 
mentawai monkey skulls
Teschi di scimmie appesi al tetto della capanna
rambutan
Rambutan

Qui non c’è la televisione, né tanto meno l’elettricità. Seduti in veranda attorno al fuoco gli uomini parlano eccitati della caccia della notte scorsa, di come una scimmia sia sfuggita alla freccia avvelenata o come un cervo sia caduto in trappola. Amantiru gesticola e simula i movimenti del cervo, tutti l’ascoltano con attenzione. Il discorso si anima particolarmente quando cominciano a parlare di un certo Amancecil, un membro di un altro clan, che pratica magia nera contro chiunque passi di fronte alla sua capanna.

“Tempo fa gli ho chiesto in prestito gli stivali e mi sono ammalato!”, dice Amantiru mentre affila il suo macete su una pietra.
 “Sì, è successo anche a Baitiru! E’ dovuta tornare da Amancecil che le ha dato un antidoto, ma si è fatto pagare un maiale, lo fa apposta!”
Ogni incontro, ogni avvenimento della giornata si trasforma in un racconto. I tempi sembrano dilatati, tutto scorre più lentamente e serenamente, nessuno è di fretta, le persone parlano e – soprattutto – ascoltano. 

Mentawai Amantiru
Amantiru (sciamano mentawai)

Comments:

  • 11 Settembre 2013

    Rispondo ad Amina:
    Le persone che ho conosciuto nella giungla erano felici. Credo che il concetto di povertà vada infatti messo in discussione. Avrei tante cose da dire a riguardo, ma non riesco in un commento, quindi ti aspetto in agriturismo al mio ritorno! Per quanto riguarda invece la musica, la letteratura, l'arte… anche io mi facevo questa domanda mentre ascoltavo Mozart osservando la vita quotidiana nella capanna. E' vero, non hanno la letteratura, ma una tradizione orale fatta di canti e racconti e hanno qualcosa che noi abbiamo perso: il rapporto con la natura. E' quello che mi spinge a conoscere queste popolazioni. Io stessa vivo in un agriturismo e quando vedo le "persone di città" arrivare in campagna noto l'enorme distacco verso il mondo naturale di cui si è persa la conoscenza(per questo aderiamo al progetto delle Fattorie Didattiche). Con questo non voglio dire che mi isolerei con piacere in una foresta, perchè amo la mia terra e la mia cultura, non farei mai a meno della musica e dell'arte, ma sono cresciuta festeggiando il solstizio d'estate e bevendo zuppa d'aglio quando avevo il raffreddore (l'aglio è un antibiotico naturale). Mi piacerebbe che "l'uomo di città" si riavvicinasse pian piano alla natura.

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