
Esperienze di viaggio nel deserto della Mauritania
Durante il mio viaggio in Mauritania ho incontrato Gemma, che si è rivelata un’ottima compagna di viaggio, un’ amica e una bravissima fotografa. Questo è il nostro viaggio raccontato con le sue parole (qui ci sono le mie) e le sue fotografie, che potete continuare a seguire dal suo account Instagram, che merita.
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Desideravo da tempo fare un viaggio in Mauritania, alla scoperta dei paesaggi che sembra abbiano ispirato Saint-Exupery nella scrittura de “Il Piccolo Principe”, ma anche quest’anno non sembrava essere l’anno giusto, le date non coincidevano con le mie ferie. A una settimana esatta dall’inizio del tour, la voglia di partire era ormai cresciuta a tal punto dentro di me che avrei fatto qualunque cosa pur di esserci anche io. Così è nata l’idea di unirmi al gruppo in un secondo momento. Solo una cosa avrebbe potuto impedirmelo: se non fosse stato fattibile raggiungerli in una sola giornata di jeep.
Tre giorni dopo i miei compagni di viaggio, atterravo nella notte a Nouakchott e all’alba del 30 dicembre partivamo io e il bravo driver Yslim, destinazione Chinguetti. Se già normalmente prima di una partenza mi sento spesso chiedere “ma cosa c’è da vedere”, questa volta c’era anche un forte disappunto tra chi normalmente mi sostiene nelle mie avventure o chi ha per anni viaggiato con me, perché avrei fatto solo una parte del viaggio, riducendolo a pochi giorni, e avrei anche perso le imponenti dune di sabbia all’Erg Amatlich.
E’ difficile distinguere quello che si prova da quello che si vede nel deserto, è sentire di esserci che rende tutto speciale. Secondo un detto Tuareg Dio creò il deserto affinché gli uomini vi potessero conoscere la loro anima e questi per me sono i luoghi dell’anima, non si dimenticano e si cercano ancora e ancora.
Sapevo che quello che cercavo l’avrei trovato lo stesso, in fondo di deserti ne avevo visti tanti (il Namib in Angola, il deserto bianco in Egitto, il Gobi in Mongolia, quello della Namibia, del Marocco, e altri ancora) che importanza poteva avere perdere la duna più alta o il campo più bello del viaggio, quando quello che desideri è camminare a piedi scalzi nella sabbia, stare seduta da sola ad ascoltare il vento, scalare una duna all’alba o al tramonto – perché solo da lassù si può davvero abbracciare gli spazi infiniti e percepire quel silenzio talmente intenso da far quasi rumore – e nel silenzio ascoltare i propri sogni.
Il deserto non è un luogo monotono nè ripetitivo. Attraversare un deserto ogni volta è una sorpresa, una scoperta. Sono le sensazioni che si ritrovano ad essere le stesse. Non esiste la noia, neanche quando si arriva al campo, ci si lascia coccolare dal tempo, bevendo il tè attorno al fuoco, aspettando il buio e le stelle.
Questo viaggio non è stato solo sabbia, stelle e natura incontaminata, ci sono stati i labirinti delle antiche città carovaniere di Ouadane e Chinguetti – la settima città santa dell’Islam e antica capitale dei mauri, luogo anche di manoscritti antichissimi – le oasi rigogliose di Terjit, le pitture rupestri, i reperti archeologici – un vero e proprio museo preistorico a cielo aperto nel deserto -, il Port de Peche con le coloratissime pinasse uno scorcio di quella che per me è l’Africa vera, e soprattutto l’immersione nella cultura dei pastori nomadi. Le giornate trascorse a contatto con i nomadi mauri, scandite dai tempi della loro vita e delle loro abitudini, il loro donarsi incondizionatamente, sono state qualcosa di unico, che mi hanno reso più ricca e consapevole. Empatia: da questi incontri sono nate le foto che più amo di questo viaggio.
Ho sempre girato con tour operator locali, per la paura, affidandomi ad uno italiano, di non entrare in contatto con la vera realtà del luogo e con le persone, e per il timore soprattutto di portare con me troppo del mondo che volevo lasciare a casa, ma mi sono dovuta ricredere: Fabrizio ci ha portato nel suo mondo, è stato come se ci avesse aperto le porte di casa sua, e siamo stati accolti dai nomadi mauri come suoi amici prima che come turisti.
So che ci tornerò in questo paese, tante cose ancora da vedere (il Banc d’Arguin , il monolita di Ben Amera, le case di Walata, le dune che non ho visto, e molto altro ancora) e poi abbiamo una promessa fatta davanti a quel fuoco: un trekking nel deserto, perché i viaggi sono anche fatti di incontri inaspettati, e proprio in posti come questi che puoi avvicinarti agli altri senza maschere, senza filtri e riconoscerti, trovando anime affini.
Penso sia un viaggio per tutti, ma non di tutti, per partire occorre avere voglia di guardare, osservare e avere ancora la capacità di emozionarsi.
Se vuoi partire anche tu leggi l’itinerario, costi e partenze 2018!
Salvo Romeo
Grazie x la pronta risposta! Seguirò con molto interesse il tuo blog. La mia passione sono i viaggi nella natura (sono anche un discreto fotografo) ed ecosostenibili. Se hai in programma un viaggio nel nord dell’India, che comprenda Varanasi, tienimi presente! Un saluto.