
Uno sguardo su Dakar
Sono arrivata a Dakar in piena notte, ho dormito a casa di Fabio, un rastafariano italiano che si è sposato con una ragazza senegalese, Maman, e vive a Dakar da alcuni anni.
Apro gli occhi, è il mio primo giorno in Senegal, il mio primo giorno in Africa.
Apro la finestra della mia camera e rimango abbagliata dalla luce bianca, che come uno schiaffo mi riporta alla realtà, mi illumino e realizzo di non essere più in Italia. Corro sul tetto della casa per vedere dall’alto dove mi trovo: le case sono basse, gli edifici in cemento sono grigi, spogli e brutti, ma i panni stesi dipingono le terrazze di colori vivaci.

Le strade attorno sono ricoperte di sabbia color ocra, grosse signore in abiti dai colori sgargianti, i tipici bubù, passeggiano con una calma ormai estranea al mio paese. Passano carretti trainati da un cavallo, alcuni con la targa, e alcuni uomini trascinano delle carriole colme di attrezzi (sono i meccanici). Si sente un brusio di voci, urla di bambini, belati di capre, scalpelli, applausi ed incitazioni, probabilmente dietro l’angolo c’è una partita di calcio. Di rado passa qualche automobile.

In casa c’è odore di pesce essicato, capisco subito che a pranzo mangerò il Tiebu Jen, piatto tipico senegalese. Con entusiasmo mi precipito in cucina dove incontro Maman, Fabio ed Ismael, il loro bimbo di un anno.
Dopo l’ottimo pranzo e piacevoli conversazioni sulla scelta di vita di Fabio, decido di uscire a godermi il caldo, solo il giorno prima ero in Italia a -5 gradi e ora ce ne sono almeno 35. Le mie aspettative per il primo giorno in Senegal vengono di gran lunga superate: passo il pomeriggio in spiaggia con un gruppo di ragazzi senegalesi e un’antropologa italiana.
Si beve tè verde e si chiacchiera, imparo la lingua locale e insegno loro un po’ di italiano. Il mio tentativo di conversare in wolof (la lingua del Senegal) provoca qualche risata, ma me la cavo, le lezioni che ho preso in Italia sono state utili.
I ragazzi sono entusiasti, mi dicono che di solito con gli stranieri parlano solo in francese, perchè molto raramente qualcuno fa lo sforzo di imparare la lingua pre-coloniale. Questo sforzo viene apprezzato molto e crea immediatamente simpatia, empatia e fiducia. Il Senegal mi ha accolto a braccia aperte.

Dom Djou Touki mò mak hay yam!
Il figlio che viaggia è più saggio del padre.
Proverbio senegalese
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