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Libro Francigena Roberto Montella

Ci sono tanti libri sulla Via Francigena, oggi ve ne presento tre, intervistandone l’autore, che ha compiuto a piedi l’intera Via Francigena, da Canterbury fino a Santa Maria di Leuca, in Puglia.

Roberto Montella, anno 1985, nasce a Benevento e vive fino a 18 anni in un minuscolo paese di provincia. Oggi lavora come ingegnere e come professore di Matematica Applicata.

Curioso, attento e scrupoloso, ama approfondire e studiare ciò che lo affascina. Fin da piccolo ama la lettura e la scrittura. Nel 2006 pubblica il suo primo romanzo Vienimi a cercare.

Nel 2014 intraprende il Cammino di Santiago e nel 2016 attraversa la Via Francigena da Canterbury fino in Puglia, un lungo viaggio a piedi da cui nasceranno i libri presentati in questa intervista. 

ROBERTO MONTELLA - FRANCIGENA

Cosa ti ha spinto a partire? 

Bella domanda. Credo che questa sia proprio LA domanda.
La risposta parte da lontano e richiede una precisazione: quello lungo la Francigena non è stato il mio primo pellegrinaggio.

La vera esperienza che mi ha radicalmente cambiato è stato il Camino Francés verso Santiago de Compostela che io considero l’asilo dei viandanti, il livello zero. Era il febbraio del 2014 e mi ero appena laureato. Avevo tanto tempo a disposizione e tanto bisogno di una vacanza.

Non volevo semplicemente rilassarmi, sentivo la necessità, dopo anni di studio, di una sfida del tutto diversa. Così scoprii Santiago e decisi che quello sarebbe stato il mio obiettivo: camminare, ogni giorno, senza sosta, nel cuore della Spagna, sempre dritto, sui Pirenei, fra le città e i villaggi, in mezzo al nulla, fino all’Oceano Atlantico.

Quell’esperienza di totale immedesimazione in un modo diverso di concepire la vita mi ha spalancato gli occhi. Prima di iniziare il cammino ero una persona completamente diversa, più arrabbiata, meno focalizzata sugli elementi importanti.

La magia di incontrare persone diverse, provenienti da ogni parte del mondo, tutte simultaneamente concentrate su quell’unica direzione come un solo organismo, da millenni e per i futuri millenni, mi ha trasportato in una dimensione che ignoravo, una bellissima atmosfera di condivisione.

Il concetto stesso della lentezza come riscoperta del paesaggio, dei cicli naturali, della cultura del popolo che incontri e che si prende cura di te rappresentò la base del mio cambiamento. Da allora sono stato ghiotto di cammini, sempre desideroso di procedere e ogni anno mi concedo un periodo di viaggio a piedi.

indicazioni Via Francigena

Due anni dopo Santiago cominciarono a spuntare dalle mie parti questi cartelli marroni che indicavano La Via Francigena, un itinerario imponente di quasi tremila chilometri lungo cinque stati, una costola della strada che i pellegrini medievali intraprendevano fino a Gerusalemme e che per un tratto passava proprio accanto a casa mia. Me ne sono perdutamente innamorato. Doveva essere quella la mia prossima sfida!

Così sono partito, ma le mie iniziali intenzioni erano di fermarmi a Roma, come facevano tutti, solo che proprio in cammino il mio amore è cresciuto fino a desiderare di proseguire ancora, proprio fino al mio paese, e poi di nuovo fino a Brindisi, dove i viandanti si imbarcavano verso i porti di Durazzo, e ancora fino all’estremo tacco dell’Italia, dove l’Adriatico e lo Ionio si baciano, a Leuca.

E lì, guardando il mare, ho capito che il mio viaggio si stava solo sospendendo e che un giorno, quando gli incasinati squilibri internazionali si saranno aggiustati, proseguirò anche oltre perché Gerusalemme non ci si arriva via mare o via aereo come va di moda: ci si arriva a piedi.

Quando sei partito? Quanto tempo è durato il cammino?  

Il primo passo è stato posato il 15 luglio 2016 ma, come dico sempre, in realtà un viaggio comincia quando pensi di riuscire a compiere un’impresa così assurda quindi è necessaria una preparazione psicologica più che fisica, la considerazione che sarai completamente solo, che dovrai badare a te stesso e contare solo sulle tue forze.

Seguono poi lo studio dell’itinerario, il procurarsi gli strumenti necessari al percorso, la definizione di un periodo ben preciso da dedicare all’avventura. Da quel momento in poi ho camminato senza sosta da Canterbury a Leuca per 98 giorni consecutivi.

Hai percorso tutta la Francigena a piedi o anche in bicicletta?

Se escludiamo il traghetto da Dover a Calais e gli sporadici e fortunosi passaggi in auto offerti dagli angeli che mi hanno recuperato quando sbagliavo strada, ho camminato sempre e solo a piedi.

Sono abbastanza radicale da questo punto di vista, il pellegrinaggio si fa a piedi, e storco il naso persino con chi lo percorre in bici. Ognuno vive la sua esperienza come crede e non critico nessuno ma per quel che mi riguarda, scarponi, calli e vesciche tutta la vita.

L’idea del libro è nata prima-durante o dopo il viaggio?

In viaggio porto sempre con me un quaderno per gli appunti. Ogni sera, al termine della tappa, stanco, e il più delle volte solo, raccoglievo le mie riflessioni per potere un giorno rileggerle.

Contemporaneamente curavo (e curo tuttora) una pagina Facebook che avevo intitolato banalmente La Via Francigena e che di giorno in giorno aumentava il numero dei supporter, tanto che molte persone mi scrivevano per avere informazioni sul cammino e io rispondevo, ma riferivo che la mia non era la pagina ufficiale.

Ero sbalordito che le persone trovassero conforto nelle mie storie. Ricevevo messaggi e apprezzamenti, quelli che mi commuovevano di più erano di anziani e disabili. Mi ringraziavano perché gli sembrava di camminare insieme a me, che mi seguivano perché si innamoravano dei miei racconti.

La decisione di concentrarmi sul libro la faccio coincidere con una data ben precisa, il 18 agosto 2016, quando arrivai ad Aosta e la proprietaria dell’Istituto San Giuseppe che mi ospitò mi mostrò il diario di suo zio, un pellegrino che aveva camminato da Le Puy a Santiago di Compostela nel 1998, un blocco di fogli che raccontava la cronaca di un viaggio di milleseicento chilometri a piedi.

Comincio a sfogliare il manoscritto. Leggo le parole lasciate da uno sconosciuto venti anni fa e incredibilmente ritrovo le stesse parole che io stavo scrivendo allora, la stessa meraviglia, lo stesso sconforto, la stessa ironia, la stessa fatica, la stessa speranza.

Nelle descrizioni dei momenti ritrovavo me, la mia storia scritta da qualcuno in un altro tempo, un uomo che mi conosceva senza avermi mai visto e che in qualche modo sapeva che io mi sarei trovato lì. E non lo trovavo affatto ripetitivo. Quel documento smentiva tutto quello che pensavo.

Non è la strada né il cammino a ripetersi, è la magia che si ripete costantemente da quando gli uomini si spostano contando solo sulle proprie forze, la sorprendente bellezza che trova lo spazio, solo nel cuore di chi sa vederla e apprezzarla.

Quella notte pensai a quel potere, alla forza che avevo percepito e realizzai che dovevo scrivere per chi si troverà nella mia posizione un giorno e sarà stanco e insoddisfatto. Allora arriveranno le mie parole, quelle con le quali ho descritto la mia strada, le mie debolezze, le mie prove quotidiane.

Il libro non è rivolto solo ai viaggiatori, ma a chiunque, è un libro di esperienza e formazione, di intense scoperte che parlano al cuore di tutti e che invogliano a percorrere una parte della Via.

Io chiamo il cammino “la mia meditazione errante”, per te cosa significa camminare per lunghi periodi? 

A distanza di tempo, in risposta ai miei racconti la gente si meraviglia come se stesse osservando il prodigio di un prestigiatore che tira fuori conigli da un cilindro, perché l’idea di un uomo che cammina per trenta chilometri al giorno, tutti i giorni, per oltre tre mesi, è qualcosa di impossibile anche da concepire.

Il concetto che probabilmente sfugge è che camminare non è per niente facile, nessuna ricerca interiore lo è. Vedo sui gruppi facce felici, tanta soddisfazione per i risultati raggiunti e l’entusiasmo di quelli che stanno per partire, ma per me il viaggio è stato anche un’enorme difficoltà.

Non mi riferisco alla fatica, alle vesciche, al sudore che brucia negli occhi, al vento e al sole che seccano la pelle. Io parlo di quello che significa affrontare il silenzio che ci si porta dentro, il buco nero che si cela nelle pieghe dell’anima e che viene fuori rivelando lati personali sconosciuti.

La solitudine del pellegrinaggio

Il pellegrinaggio è una continua ricerca, non una scampagnata di trekking come qualcuno vuole promuoverla, non è una moda, non è cool, non è una vacanza, ma un percorso vero, con aspetti intimi e oscuri da non sottovalutare e che in pochi hanno il coraggio di affrontare con questo impegno, una porta appannata oltre la quale c’è il buio della spiritualità.

Conoscere se stessi è la sfida più difficile ma le situazioni estreme hanno di buono che annullano il rumore di fondo del mondo.

Non fraintendermi: ci sono stati gioia, amore, il supporto dei compagni di viaggio e di tutti i personaggi incontrati, tutto quello che ti dà la forza e il coraggio di proseguire, ma la verità da non sottovalutare è che per la maggior parte del tempo sei solo, cammini nel deserto del tuo corpo e scavi nei recessi degli insoluti aspetti della tua vita.

Quando un pellegrino si prepara per affrontare il viaggio e impacchetta tutto quello che serve, deve ricordarsi di avere con sé i tre requisiti imprescindibili al cammino: deve portare nel cuore un mistero e un grande dolore.

Il terzo, il più importante, è la predisposizione a perdersi, a lasciare che gli eventi si riorganizzino secondo logiche incontrollabili e soprattutto, ad accettarlo. Per quanto un viaggio si possa organizzare, le circostanze stravolgeranno i programmi. Tu hai dei piani ma il percorso si sistema da solo, che ti piaccia o no.

Il proverbio dice Se vuoi far ridere Dio raccontagli i tuoi progetti. Quindi parti accettando tutto quello che succederà.

I sentieri della Via Francigena sono uno specchio e un amplificatore delle emozioni ma non sono niente di diverso da quelli che si battono tutti i giorni e nei quali può essere colta la stessa meraviglia.

La grandezza di ciò che si incontra in cammino è in realtà la bellezza che si cela in ognuno di noi.

Se non vedi nei minuscoli barlumi di vita quotidiana una grande magia, allora non riuscirai ad accorgerti nemmeno della straordinarietà dell’ispirazione degli artisti che hanno costruito le imponenti cattedrali e le serafiche pievi, non vedrai la pace dell’acqua che scorre e la sua furia che può spazzarti via, non capirai la placida accoglienza dei boschi e la loro completa noncuranza nei tuoi confronti. Non vedrai niente di tutto questo, ma solo una bella fotografia, un rigagnolo, un intermezzo piacevole dal quale prima o poi andartene.

Ecco perché devi allenarti continuamente ad apprezzare lo stupore nel più piccolo granello di sabbia e a combattere contro il più flebile accenno di prepotenza e sottomissione.

È in quella tua intima ribellione alle regole ciniche che altri hanno deciso che troverai il tuo cammino, la tua Via Francigena, e sarai pronto a vedere confini che altri non sono capaci nemmeno di immaginare. Figuriamoci di oltrepassarli.

Le 7 parole chiave del tuo racconto di viaggio (diviso in 3 volumi) 

Un mondo pellegrino è un ibrido fra il diario quotidiano e il romanzo, un’avventura fatta di sfide intime e comprensione dei proprio limiti, un viaggio nella Storia fra i pellegrini del nuovo millennio.

Amicizia: quelli che camminano insieme a te diventano la tua famiglia, le persone con cui mangi, con cui dormi e di cui ti prendi cura. Il legame che nasce in viaggio non si spezza mai più.

Perdersi: capita, eccome se capita, ma il cammino trova sempre il modo di riportarti sulla strada giusta. È così che ti insegna che non sei mai solo e che devi fidarti anche quando non capisci.

Straniero: la parola pellegrino deriva da per ager ossia oltre le mura. Ogni viaggiatore è un estraneo accolto in una terra che non gli appartiene. Impara così il significato dell’accoglienza e del rispetto per gli altri.

Zaino: la casa del viandante, il rifugio dove conservare lo stretto indispensabile, dove imparare a definire ciò che gli serve e a liberarsi del superfluo. Tutto ciò che è inutile gli peserà sulle spalle.

Bellezza: è necessario stupirsi di ciò che si trova sul sentiero, sempre, dall’incontro con una marmotta allo sconfinato panorama sulla vetta di una montagna. Sulla Via Francigena ci si innamora di tutto.

Memoria: le storie dei viaggiatori restano intrappolate lungo la Via e ad ogni passo si schiudono e si rivelano. Così ci si ritrova a camminare fra i commercianti dell’Impero Romano, fra i soldati dell’esercito di Napoleone, fra i vescovi medievali. E se si sta attenti si può perfino percepire la presenza dei pellegrini del futuro, quelli che ancora devono passare.

Silenzio: la voce che accompagna il viaggiatore e che gli parla continuamente, quella della sua anima, sempre coperta dal trambusto, finalmente libera di esprimersi quando tutto tace.

Dove possiamo acquistare i tre volumi di Un Mondo Pellegrino?

Un mondo pellegrino, Roberto Montella

Una volta proposto il libro si è deciso di dividerlo nelle tre ideali parti del percorso.

1° libro, da Canterbury al Gran San Bernardo

2° libro: dalle Alpi a Roma

3° libro: da Roma alla Puglia

Comments:

  • Arthaere

    3 Gennaio 2019

    Parole toccanti e concetti potenti, queste di Roberto in questa intervista.
    Figuriamoci quanto forti possono essere i 3 volumi “Un mondo pellegrino”!!!
    Grazie Roberto per la condivisione delle tue straordinarie esperienze, e grazie a Valentina per tener vivo questo bellissimo blog/pagina/raccolta/sito per raccontare come aprirsi al mondo e alla conoscienza tramite la grande scuola del Viaggio 🙏🤗

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