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Non è una novità che i prezzi per i turisti stranieri siano più alti rispetto a quelli per la gente del posto. E’ così in moltissimi paesi e la famosa tassa turistica è stata applicata anche in Italia (Roma, Venezia, Padova etc etc…), ma questo articolo è scritto pensando a noi italiani in viaggio all’estero, specialmente  in zone dove c’è una cultura diversa dalla nostra. Esponendo la mia opinione mi riferisco tuttavia  al prezzo maggiorato di singoli servizi o mercanzie e non ad una tassa turistica d’entrata. 

In certi paesi la differenza di benessere economico tra turista e autoctono è estrema, perciò se in viaggio mi viene richiesto qualche euro in più in quanto turista, la cosa non mi infastidisce. Mi irrito invece se il prezzo viene quintuplicato. Riguardo al comportamento insistente ed opprimente dei venditori o della gente del posto, che a volte infastidisce durante un viaggio, consiglio di leggere un mio approfondimento sulle cause storiche di questo atteggiamento: “Il turismo caritatevole e la (mala)cooperazione”.
La maggior parte delle volte l’aumento del prezzo viene applicato al momento della vendita e non è chiaro quanto sia il valore reale di ciò che stiamo comprando. Molto spesso vengono “sparati” prezzi altissimi che poi possono essere ribassati con lunghe trattative; e qui si apre un nuovo capitolo: la contrattazione. In alcuni paesi contrattare il prezzo fa parte della cultura locale, fare un acquisto significa socializzare e la contrattazione può durare ore. Il concetto di tempo è diverso in ogni cultura. A volte tutto questo provoca stress al turista che ha invece limiti di tempo e ha la sensazione di essere costantemente preso per i fondelli;  inoltre, non sapendo quale sia il valore effettivo del servizio/oggetto in questione, oltre alla paura di essere truffato, il turista ha anche il timore di proporre  un prezzo troppo basso e che il venditore, per necessità, accetti  e ne tragga un guadagno insignificante.  

Io preferisco quando la distinzione è ufficiale, quando i prezzi esposti sono differenziati per residenti/non residenti. Trovo necessaria questa politica dei prezzi particolarmente nel settore dei trasporti e nelle attrazioni turistiche, perchè è giusto incentivare la popolazione locale a spostarsi e a conoscere le bellezze del proprio paese ad un prezzo adeguato alla sua situazione economica. Perché un cambogiano dovrebbe pagare 20 dollari per una giornata ai Templi di Angkor, quando lo stipendio medio in Cambogia è di 40 dollari al mese? E perchè l’entrata a questo imponente sito archeologico dovrebbe costare ad un turista straniero solo 1 dollaro? 
Nel momento in cui ha inizio un flusso turistico in una determinata località i prezzi dei servizi tendono ad aumentare e qui si arriva al punto:
– se il cambiamento dei prezzi coinvolge anche la gente del posto, l’economia locale ne risente considerevolmente e la popolazione si impoverisce.
– se i prezzi aumentano (con criterio)  solo per i turisti questo giova all’economia locale e nessun turista rimarrà al verde per aver pagato una corsa in autobus o l’ingresso ad un museo qualche euro in più.
Ragionando su tali considerazioni, è dunque ammissibile che il turista paghi qualcosa in più rispetto alla popolazione locale? Io ritengo che  il principio sia giusto, se applicato con criterio, consapevolezza e rispetto. 

Comments:

  • 10 Febbraio 2012

    Parlando di contrattazioni, io in India ho vissuto esperienze esaltanti. Dopo litri di the e ore di chiacchiere, arringhe e risate, una volta, ho concluso l'acquisto di una bellissima tovaglia stampata a piccoli elefanti blu stilizzati proponendo al simpatico e scaltro commerciante questo accordo: una rupia per ogni elefantino. Li abbiamo contati insieme, ridendo a crepapelle, e ovviamente, rispetto al prezzo già spuntato, la convenienza è stata tutta per il venditore… Ma questo, in alcuni luoghi, è un modo per fraternizzare, conoscersi, confrontarsi.

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