
Il mahout e il suo elefante
In generale un mahout è colui che si occupa di accudire un elefante: questa pratica può essere portata avanti con rispetto verso l’animale, oppure con un brutale addestramento e maltrattamenti.
Ci sono mahout e mahout.
In Thailandia l’addestramento iniziale di un elefante è un vero e proprio rituale per la popolazione. Si chiama “Phajaan” e letteralmente significa “frantumare lo spirito dell’elefante”. E’ una pratica atroce.
Evito di mettere fotografie di questa atrocità, ma se proprio volete vedere in cosa consiste l’addestramento di un elefante, cercate su Google Immagini la parola Phajaan. E’ peggio di quanto possiate pensare.
Ma torniamo all’argomento, chi sono i mahout? Sono quelle persone che si occupano degli elefanti.
Oggi ci sono mahout che si occupano degli elefanti nei centri di recupero e ci sono i mahout nei villaggi sperduti, che si occupano di elefanti ormai anziani, che venivano in passato catturati e utilizzati come animali da lavoro nel villaggio.
MAHOUT NEI CENTRI DI RECUPERO
I centri di recupero possono essere seri, proponendo attività che hanno comunque come primo obiettivo il benessere dell’elefante.
Oppure possono essere delle trappole per turisti che sfruttano gli elefanti per puro scopo di lucro.
Durante un viaggio in Asia capiterà ad ogni viaggiatore di vedere proposte di attività con gli elefanti.
Io personalmente rifiuto di salire sopra ad un elefante che ha il basto il legno (howdah): se l’animale deve caricare ogni giorno molti turisti, senza limiti di tempi e peso è una vera crudeltà.
Ho invece accettato di salire da sola su un elefante quando sono stata ospite in un villaggio sperduto del Monodulkiri, senza alcun basto, ma solo una coperta e soprattutto sul collo, non sulla schiena. Infatti, se osservate, i mahout salgono sul collo dell’elefante, non sul dorso.
Il dorso di un elefante non è come quella del cavallo, non è adatto ad essere cavalcato, perché si sviluppa verso l’alto (Fonte: WFFT – Wildlife Friends Foundation)
Questa è Pai Lin, una femmina di elefante dopo 25 anni di lavoro nel turismo dell’elephant riding.
Ci troveremo quindi di fronte a dei finti centri di recupero per elefanti che propongono elephant ride senza sosta: gli elefanti lavorano tutto il giorno e portano sul dorso anche 4/5 persone.
Più raramente ci troveremo di fronte a centri seri, che propongono attività con gli elefanti, ma non l’elephant ride. Oppure lo propongono ma senza basto, per una persona alla volta, sul collo, e per poche ore al giorno.
Come capire se siamo di fronte a degli animali realmente recuperati e trattati bene o se siamo di fronte a una trappola per turisti (e per gli animali)?
Non è difficile capire se ci troviamo di fronte a un mahout che ama il suo animale oppure lo considera come un essere privo di emozioni, da utilizzare per attrarre i turisti.
Guardiamo i suoi atteggiamenti e poniamoci queste domande:
- Per guidarlo usa solo la sua voce e i piedi dietro alle orecchie del pachiderma?
- Se ha anche un bastone, lo utilizza con violenza?
- Usa un uncino di ferro per punzecchiare la testa dell’elefante?
- L’elefante ha cicatrici sulla testa e sul corpo?
- L’elefante è in catene quando non lavora?
- Fa dei movimenti ripetitivi come muovere la testa da una parte all’altra oppure è rilassato?
MAHOUT NEI VILLAGGI
Nei piccoli villaggi l’elefante è considerato come il mulo, il bue o il cavallo nelle campagne italiane prima dell’arrivo di trattori e mezzi di trasporto.
Possono trasportare persone e oggetti pesanti, come tronchi per costruire le capanne, portare scorte di cibo e acqua durante le camminate o la caccia in foresta.
In Cambogia ho trascorso 2 mesi, di cui 6 giorni nella giungla con un mahout e il suo elefante.
Sicuramente durante i miei viaggi non voglio incentivare l’addestramento di animali selvatici per puro scopo turistico e ho partecipato a un’escursione perché in quel periodo ero ospite in un villaggio sperduto del Mondulkiri.
Vivevo in quel villaggio da un paio di settimane e le persone mi hanno chiesto se volevo andare nella giungla per alcuni giorni col maohut e l’elefante (era come la loro vacanza).
Si trattava di un esemplare anziano, mai utilizzato a scopo turistico, perché di turisti che vanno in Mondulkiri ce n’è proprio pochi.
Sinceramente non mi ricordo come io sia finita in quel villaggio, sicuramente ero l’unica turista che fosse mai rimasta lì per settimane.
So solo che siamo partiti, io, il mahout e il suo elefante, per almeno 6 giorni nella giungla nel sud-est della Cambogia.
Osservavo attentamente il mahout e l’ho sommerso di domande, ad esempio:
Perchè quell’elefante era ammaestrato?
In Cambogia oggi è vietato catturare di elefanti in natura → gli animali dei mahouts nei villaggi sono quelli del padre o dei nonni, oppure nati nel villaggio.
Nella “versione buona” il mahaut è colui che all’interno del villaggio si prende cura di un elefante, è il suo mestiere, tramandato di generazione in generazione.
Inizia molto giovane, il padre comincia ad insegnargli il mestiere verso i dieci anni, di solito gli viene affidato un elefante di cui dovrà prendersi cura per il resto della sua vita. Mi raccontava che si crea un legame fortissimo tra mahout ed elefante.
Ho capito che quel mahout i turisti non li aveva mia visti quando ha fatto il bagno nel fiume con l’elefante, senza chiedermi “vuoi lavare l’elefante”? Han fatto il bagno loro, assieme, come fratelli.
Nella giungla l’elefante era sempre libero di andare in foresta a sgranocchiare foglie e radici – con una predilezione particolare per il bambù. A volte scompariva proprio e io chiedevo… “Maaaa…. l’elefante? Dov’è?”
Il mahout mi sorrideva e mi rassicurava indicandomi dov’era il suo elefante, anche se io non lo vedevo e non lo sentivo.
Cosa mai vista nel resto dell’Asia, dove solitamente l’animale quando non lavora è in un recinto o a catena.
Al momento del bisogno lo cercava e lo chiamava, muovendosi in foresta con la disinvoltura di un impiegato che va a prendere la sua auto al parcheggio.
L’elefante era quindi libero di girare autonomamente per la foresta, ben diversa la situazione nel resto dell’Asia.
E’ importante sottolineare che la reale minaccia di estinzione dell’elefante asiatico non è causata dall’uso dell’animale come aiuto all’uomo nei villaggi rurali, ma deriva principalmente dalla perdita dell’habitat – causata dall’espansione delle città e dalla deforestazione – dalla cattura degli elefanti selvatici per scopo turistico e per lo sfruttamento nel mercato del legname e dall’uccisione per il commercio dell’avorio.
Purtroppo molti mahout in Asia utilizzano ancora violente pratiche di addestramento e il turismo può essere una minaccio o un’opportunità, in base a chi ci si rivolge.
Se vuoi approfondire le minacce dell’elefante asiatico, turismo compreso, e conoscere i centri più affidabili in Thailandia e Cambogia, qui trovi → tutto quello che devi sapere su Elefanti asiatici e Turismo.
Comments:
post a comment cancel reply
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Valentina
Ciao Andrea, intanto ti ringrazio per avere contribuito con la tua esperienza e la tua opinione. La questione è molto delicata.
Capisco quello che vuoi dire, ma credo che fino a quando l'elefante rappresenterà un fonte di denaro in qualche modo sarà vittima di bracconaggio. La soluzione per evitare che i mahouts finiscano per le strade a fare l'elemosina potrebbe essere CREARE NUOVI LAVORI. Ad esempio quando ero in Cambogia nel centro Phnom Tamao (Wildlife Rescue centre) erano stati assunti ex mahouts che si occupavano degli animali del centro, tutti salvati dal bracconaggio. Poi mi rendo conto che non sia facile creare nuovi lavori "più sostenibili", ma a lungo termine spero che questa possa essere una soluzione.
Seguo il tuo blog e il tuo viaggio, teniamoci in contatto per scambiare opinioni ed esperienze!