
I Dayak, ex tagliatori di teste (Borneo, Indonesia)
La popolazione dei Dayak, gli aborigeni del Borneo, è composta da circa duecento etnie diverse, ognuna con il suo dialetto, costumi e tradizioni. Le tribù principali sono gli Iban, i Taman, i Klemantan, i Panan, i Kenyah, i Kenyan e i Murut.
Originariamente animisti e cacciatori di teste, i Dayak sono ora per la maggior parte di religione cristiana, a causa della massiccia azione dei missionari negli ultimi secoli.
Nonostante si dichiarino cristiane molte tribù credono nella presenza di spiriti benevoli o maligni e conservano ancora tradizioni e cerimonie animiste.
1900/1940 Guerriero Dayak
Un tempo, non molto lontano, le diverse etnie Dayak combattevano tra loro e tornare al villaggio sfoggiando una testa mozzata garantiva prestigio e ammirazione.
La pratica dell’ headhunting non era legata solamente alla guerra: i Dayak credevano – e credono tuttora – che il cranio sia il contenitore dell’anima, dell’essenza umana.
Portare al villaggio nuove teste significava portare del “nettare di vita” alle persone e alla terra: si tagliavano le teste dei nemici prima del raccolto, per rendere fertile il terreno, oppure prima di un matrimonio per dimostrare il coraggio e la prodezza del futuro marito.
In un villaggio di etnia Iban un ragazzo mi ha spiegato il significato di alcuni tatuaggi: un anello nero al pollice significava aver ucciso un capo villaggio, all’indice uno sciamano, al medio un guerriero, all’anulare una donna e al mignolo un bambino.
1927 Uomini Dayak (fotografo sconosciuto)
Dopo la conversione di massa al cristianesimo (in parte anche all’islam) e le leggi anti-headhunting delle potenze coloniali la pratica sembrava essere scomparsa, ma in occasione di conflitti i guerrieri Dayak continuano a tagliare teste.
Nel 1940 le teste furono quelle degli invasori giapponesi e nel 1960 quelle dei cinesi sospettati di sostenere il comunismo in Cina.
In entrambi i casi i Dayak furono incoraggiati dalle grandi potenze, dagli Alleati nel ’40 e dal governo indonesiano nel ’60.
Nel 1998 e nel 2001 i Dayak iniziarono un feroce scontro inter-etnico contro i Maduresi, i musulmani emigrati dall’isola di Madura.
Dall’ art. del Corriere della Sera del 10 giugno 1997:
Migliaia di Dayak in T – shirt, ma con il viso dipinto per la battaglia come vogliono le antiche tradizioni tribali, hanno preso ad attaccare i maduresi sotto l’istigazione degli sciamani e ne hanno bruciato le case nella regione a nord di Pontianak. Il giornalista dell’Independent scrive che “corpi decapitati e mutilati di uomini, donne e anche bambini giacciono lungo la strada” da Pontianak verso Pahauman, con squarci al petto che parlano chiaro: “I cuori sono stati strappati dai corpi ancora caldi e mangiati” in complessi riti di magia nera.
Dall’art.di Repubblica del 24 febbraio 2001:
Sul fiume galleggiano centinaia di cadaveri decapitati, le case dei maduresi sono state tutte incendiate”, ha detto padre Willbald Pfeufferil, sacerdote cattolico, all’agenzia missionaria Misna. I 700 poliziotti mobilitati dalle autorità non riescono, e forse neanche ci provano, ad arginare le scorribande dei Dayak, che continuano a incendiare, a distruggere e a esibire come trofeo le teste mozzate delle loro vittime.
Probabilmente se immaginiamo questi eventi ci vengono in mente uomini guerrieri in abiti tribali, con visi rugosi e dipinti, scalzi e urlanti.
In parte forse è vero, ma la situazione delle popolazioni tribali è ben diversa dal nostro immaginario: pare infatti che gli scontri del 1997 ebbero inizio dopo un accoltellamento di due ragazzi Dayak ad un concerto pop e che nel 2001 la scintilla fu il furto di un motorino.
Le cose cambiano, alcune usanze e credenze ancestrali rimangono.
Vuoi sapere dove vivono adesso i Dayak?
Io li sono andata a trovare nelle Longhouses del Borneo indonesiano
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Comments:
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Valentina Miozzo
Giusto o sbagliato? E' sempre una questione di punti di vista, che dipendono dalla cultura e dalla società in cui si cresce. Niente giudizi, solo considerazioni e opinioni, anche se ammetto che il solo pensiero di tagliare la testa a un bambino mi fa rabbrividire. Io spero che sia stata un'esagerazione del ragazzo che mi parlava. Purtroppo però non c'è bisogno di andare a cercare tra le popolazioni tribali per trovare uccisioni di bambini: nelle guerre degli ultimi 100 anni i soldati in divisa hanno compiuto atti atroci… ma preferirei non scendere nei particolari…