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Sono ospite della tribù dei Mentawai, per capire meglio il contesto di questo post leggi quello precedente che descrive questa popolazione.
Dal diario di viaggio del 26 agosto 2013 (il mio 31° compleanno) 
Trekking Mentawai Indonesia

 

Oggi è il 26 agosto, il mio compleanno, ma poco importa. Inutile anche solo comunicarlo: non capirebbero perché lo dico. La maggior parte delle persone non ha un documento d’identità e nessuno conta i giorni, i mesi, gli anni. Chiedere l’età a un indigeno mentawai significa metterlo in difficoltà. Qui, nella giungla dell’isola di Siberut in Indonesia, non c’è uomo, donna o bambino che conosca la sua data di nascita. Di fronte alla domanda “quanti anni hai?” rimangono inizialmente perplessi, poi inizia una consultazione con amici e parenti con tanto di calcoli e congetture varie. Spesso la risposta arriva dopo alcuni minuti ed è molto approssimativa.  

Siamo già in cammino nella giungla da qualche giorno e prima che faccia buio dobbiamo arrivare alla capanna di Salomo, il padre di Mateus, la mia guida, che ha tentato di scoraggiarmi varie volte dal compiere questa impresa, ma non mi ha spaventato abbastanza:

“La capanna è troppo isolata, i turisti non ci sono mai andati, ci si mette una settimana ad arrivare”.
“Così mi invogli ancora di più”.
“Ci sarà tanto fango, piove da giorni, per una donna è troppo difficile”.
“Non ti preoccupare, ce la faccio e poi così saluti i tuoi genitori! Da quanto non li vedi?”.
“Sette anni”.
“No way! Non c’è più nulla di cui discutere: andiamo.”

trekking MentawaiDobbiamo attraversare un lungo tratto di giungla, in genere 4-5 giorni di trekking, ma piove da due giorni e sarà molto complicato. Ci incamminiamo e decido subito di togliermi le scarpe, il fango mi arriva quasi alle ginocchia e i tronchi sono molto scivolosi; del resto anche gli altri sono scalzi, ci sarà un motivo! Le sanguisughe attaccano dall’alto lanciandosi dalle foglie atterrando su braccia e spalle e dal basso appiccicandosi alle gambe. La sanguisuga è un animale orribile, ma dopo due ore di “cammino” è l’ultima delle mie preoccupazioni: l’unico pensiero è dove poggiare il piede al prossimo passo. Dei rami galleggiano sotto uno spesso strato di fango e per proseguire devo cercarne uno su cui camminare per qualche metro, dopodiché avrò lo stesso problema: dove mettere il piede? Se non trovo un ramo e azzardo un passo nel fango posso sprofondare per 30-50 cm se va bene, più di un metro se va male. Ho due bastoni per reggermi e con uno cerco di misurare la profondità del fango che ho attorno. A volte il bastone, più alto di me, sprofonda completamente. 


Sono preoccupata per Alec, ha solo 5 anni.

“Se cade nel fango? Come lo recuperiamo?”, chiedo ad Amantiru, il padre ventenne.
“Con un bastone”, mi risponde tranquillo.
Continuiamo a camminare, andiamo avanti per sei ore noncuranti della pioggia, del fango e delle sanguisughe, le donne cantano e gli uomini fischiettano imitando i versi degli uccelli, divertendosi ad attendere le loro risposte. Nonostante i miei vestiti impregnati d’acqua, le mie gambe ricoperte di fango e le braccia sanguinanti per le sanguisughe… sono incredibilmente allegra! 

L’arrivo è commovente. Il padre, vestito solo di un perizoma di corteccia e foglie, stenta a riconoscere il figlio, sgrana gli occhi e quando capisce chi ha davanti scoppia in lacrime e lo abbraccia a lungo. La madre, una bellissima donna dai denti appuntiti – come da tradizione della popolazione mentawai – piange per almeno mezz’ora. Mateus scopre di avere due nuovi fratelli, nati in questi sette anni di lontananza. 

Mentawai tribe

La madre di Mateus – Mentawai tribe


Cala la sera e la luce delle lampade ad olio illumina i visi di vecchi e bambini giunti alla capanna per festeggiare il ritorno di Mateus. E’ interessante vedere le reazioni di amici e parenti: alcuni sembrano piangere “a comando”, per un minuto; terminato il pianto continuano nelle loro faccende, senza fermarsi a parlare come si farebbe nella nostra cultura. Mateus è un uomo orgoglioso e non ricambia mai un abbraccio, anche quando la madre e il padre lo stringono lui rimane immobile, ma gli occhi lucidi tradiscono il suo orgoglio. 

Il padre Salomo è uno sciamano e per l’occasione ha chiamato altri due sciamani per celebrare il rientro di Mateus. Ogni sciamano tiene stretta una gallina. Salomo la stringe a sé e pronuncia alcune frasi per me incomprensibili. Gli ho detto che stava per morire, gli ho spiegato che la mangiamo per festeggiare il ritorno di mio figlio”, mi spiega Salomo mentre stacca una piuma dall’animale, prende un capello dalla testa di ogni invitato e avvolge tutto in una foglia. “Bisogna unire le energie e crearne una sola”.  Dopodiché chiude gli occhi, pronuncia alcune frasi e uccide l’animale con un movimento brusco e veloce. Un altro sciamano compie la stessa operazione. E’ la nostra cena. Gli sciamani cominciano a cantare in una lingua sconosciuta danzando in cerchio per alcuni minuti.

Tutti assieme ci sediamo attorno al fuoco. Cominciano i racconti delle vicende degli ultimi anni, io non capisco nulla di ciò che dicono, ma non mi interessa; mi basta godere della gioia e del calore umano che sento attorno. Oggi è per tutti un giorno molto particolare.
Un compleanno così me lo ricorderò per tutta la vita.

cerimonia animista mentawai Indonesia
Sciamani mentawai durante una cerimonia animista

Comments:

  • 6 Novembre 2013

    L'India mi ha conquistato completamente: cuore, mente, anima. Dopo Calcutta adesso sono a Varanasi, dove ho deciso di rimanere per 20 giorni, cioè tutto il periodo previsto per l'India (pochissimo! è un fuori programma…)
    Varanasi è energia pura. Non voglio andare via (ma mia madre mi aspetta presto in Laos!)

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