
Conversazione sulle religioni in Indonesia
Piccoli piccoli di fronte al gigantesco tempio del Borobudur, Fatah, la mia guida, mi parla di come in Indonesia convivano ben sei religioni: islam, induismo, buddismo, cattolicesimo, protestantesimo e confucianesimo.
L’Indonesia è il più popoloso paese a maggioranza musulmana del mondo: lo stato-arcipelago conta l’86% di popolazione di fede islamica.
L’unica eccezione è l’isola di Bali, dove il 90% della popolazione è induista.

Cerimonia induista a Bali (Indonesia)
Queste religioni si sono susseguite e sovrapposte nel tempo, sono arrivate tramite il commercio, sono state inglobate, a volte imposte.
Il risultato è un melange di religioni, dove rituali, cerimonie e credenze si fondono tra loro. Fatah si definisce un musulmano che pratica il buddismo (?!)
Da viaggiatrice curiosa ho fatto a Fatah mille domande, non con atteggiamento giudicante, ma con lo scopo di capire e.. stimolare il suo pensiero. Ecco la nostra conversazione.
FATAH, IL MUSULMANO CHE PRATICA IL BUDDISMO
IO: “Mi stai mostrando il Borobudur e sei esperto di buddismo e induismo, mi spieghi qual è la differenza tra queste due religioni?'”
FATAH « I genitori di Siddartha erano induisti, quindi il buddismo è nato dall’induismo, che è la religione più antica del mondo »
FATAH « Ci sono vari tipi di buddismo e di induismo, ma generalmente le principali differenze sono due. L’induismo crede in migliaia di divinità »
(IO: in questo articolo specifico che no, in realtà non è così, l’induismo è una religione monistica)
FATAH « le tre supreme sono Brama, Vishnu e Shiva – mentre il buddismo non adora alcun dio, ma crede nella legge del Karma: tutto dipende da noi, da come ci comportiamo »
« Entrambe le religioni credono nella reincarnazione, ma se secondo il buddismo tutti gli esseri viventi sono sacri e possiamo reincarnarci in qualsiasi animale, secondo l’induismo invece chi si reincarna in un animale è stato un gran peccatore, ad esempio un cane era sicuramente un ladro nella vita precedente. »

Ciclo delle Reincarnazioni- Samsara
IO: “A proposito di cani, mi sembra di ricordare che l’islam lo consideri un animale impuro”
FATAH: « E’ la saliva del cane ad essere impura. Un buon musulmano non può tenere un cane in casa in nessun caso, può tenerlo in giardino solamente se è un cane da lavoro. Se si viene in contatto con la saliva del cane bisogna lavarsi le mani sette volte »
Dal Corano: «Gli angeli non entrano in una casa nella quale vi è un cane»
IO: « Come fai ad essere musulmano, ma a praticare il buddismo come filosofia di vita? »
FATAH: « Un buddista adotta determinati comportamenti pensando alla prossima vita. Un musulmano ne adotta altri pensando alla vita eterna dopo la morte, in paradiso o all’inferno. Io mi comporto secondo la filosofia buddista per andare in paradiso, non credo nella reincarnazione »
IO: « Sei più musulmano o buddista?” »
FATAH: « Sono musulmano, ma chiunque, indipendentemente dalla religione, può essere buddista dentro »
IO: « Quando è arrivato l’Islam in Indonesia? Originariamente la popolazione indonesiana era per la maggior parte induista e buddista, vero? »
FATAH: « Fino al 1500 poi sono arrivati i commercianti arabi e pian piano la popolazione si è convertita »
IO: « E’ stato un processo lento e spontaneo oppure imposto con la forza? »
FATAH: « Entrambi. A volte è stato anche imposto con la forza »
IO: « Si può credere sinceramente in qualcosa che viene imposto? »
FATAH: « No, ma dopo tante generazioni sì, la religione passa di padre in figlio »
IO: « L’uomo musulmano può avere più mogli, ma in Indonesia sembra che la poligamia non sia molto praticata. Quando ero in Senegal invece ricordo che ogni uomo aveva almeno due mogli. »
FATAH: «In Senegal allora non interpretano bene il Corano! Un uomo si può sposare più volte solo in stato di emergenza! »
IO: « In stato di emergenza? Cosa significa? »
FATAH: « Ad esempio se la propria moglie non può fare figli o se tradisce il marito »
IO: « E se è l’uomo che non può fare figli? »
FATAH: « Ahaha! Sono le donne che fanno i figli! »
IO: « La questione sarebbe un po’ più complessa, ma passiamo oltre… E se è la moglie a trovarsi in stato di emergenza? »
FATAH: « In che senso? »
IO: « Ad esempio se il marito è violento o sta con altre donne »
FATAH: « Una volta non poteva fare nulla, adesso invece può chiedere il divorzio, anche se è molto difficile »
IO: « E Se è l’uomo a voler divorziare? »
FATAH: « Men? No problem! »
IO: « Perchè le donne indossano l’hijab**? »
FATAH: « Perché non devono indurre l’uomo in tentazione »
IO: « E le donne invece non sono attratte dagli uomini? »
FATAH: « Ci sono diversi livelli di desiderio descritti nel Corano, la donna è al livello base, l’uomo al livello massimo »
IO: « Nel senso che l’uomo prova più desideri della donna e per lui è più difficile controllarli? »
FATAH: « Esatto! »
IO: « Se l’oggetto della tentazione è celato è più facile per l’uomo non peccare! Per raggiungere il paradiso islamico non sarebbe più logico che l’uomo impari a resistere alla tentazione? »
FATAH: « Ma è così, sono le regole! »
Dal Corano: «E di’ alle credenti che abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne e non mostrino troppo le loro parti belle, eccetto quel che di fuori appare, e si coprano i seni d’un velo e non mostrino le loro parti belle ad altri che ai loro mariti o ai loro padri o ai loro suoceri o ai loro figli, o ai figli dei loro mariti, o ai loro fratelli, o ai figli dei loro fratelli, o ai figli delle loro sorelle, o alle loro donne, o alle loro schiave, o ai loro servi maschi privi di genitali, o ai fanciulli che non notano le nudità delle donne, e non battano assieme i piedi sì da mostrare le loro bellezze nascoste; volgetevi tutti a Dio, o credenti, che possiate prosperare!»
** DIFFERENZA TRA HIJAB E BURQA: in Italia chiamiamo erroneamente burqa il velo che copre i capelli e la fronte delle donne musulmane: in realtà si chiama hijab (o niqab quando copre tutto il viso).
Il burqa, o burka, è invece il velo indossato dalle donne in Afghanistan: copre tutto il viso, a volte tutto il corpo, ed è di colore blu o nero. Pare che il burka derivi da tradizioni locali e che non sia necessariamente legato alla religione islamica, come invece l’hijab e il niqab.
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