
I concetti base dell’Induismo
La prima volta che ho messo piede in India e ho cercato di capire qualcosa dell’Induismo mi sono sentita smarrita, di fronte a qualcosa di incomprensibile, immensamente diverso e sconfinato.
Credo che si possa studiare l’Induismo per una vita intera e comunque non comprenderlo.
Per noi occidentali è qualcosa al di fuori della nostra logica. La complessa mitologia indù è intricatissima.
Mettiti comodo e concentrati, perché per quanto abbia semplificato il tutto (e credimi, cercare di spiegare l’induismo con parole semplici è un’impresa colossale) ci vuole un po’ di concentrazione per capire la struttura e i concetti base dell’induismo.
INDUSIMO
RELIGIONE POLITEISTA O MONOTEISTA?
Si stima che le divinità siano circa 33 milioni, dicono. Centinaia, migliaia, milioni di divinità indù… nessuno lo sa di preciso, ma sono tante, tantissime. Eppure l’Induismo è una religione monoteista, nonostante in occidente sia spesso – per ovvie ragioni – erroneamente percepita come politeista.
Si potrebbe parlare di enoteismo, ma non sarebbe del tutto corretto. Ad essere precisi non è neanche monoteista, l’induismo è una religione monistica.
Religione monoteista = un Dio.
Religione monistica = la pluralità degli esseri, umani ed eterei, è rappresentata in un’unico principio universale
LE DIVINITA’ E IL PRINCIPIO UNIVERSALE
Nell’induismo un unico Dio si manifesta in molteplici forme, migliaia di divinità. In questo articolo voglio fornirti le basi necessarie prima di fare ulteriori approfondimenti, partiamo quindi dalle divinità principali dell’induismo: la Trinità, detta Trimurti, composta da Brahama, Vishnu e Shiva.
Brahama crea l’universo, Vishnu lo conserva, Shiva lo distrugge.
Sia chiaro che il concetto di distruzione non ha una connotazione negativa come nel mondo occidentale. La distruzione è importante ed essenziale come la creazione, necessaria per la rinascita. Basti pensare che la morte nell’induismo è limpidamente accettata come parte del ciclo della vita.
La Trimurti è anche concepita come un’unica divinità: Ishvara, la Mente Cosmica, che provvede alla creazione dei mondi, al loro mantenimento e alla loro dissoluzione.
Ma chi è il Dio supremo nell’Induismo?
Prova a chiederlo agli indiani, ognuno ti risponderà in modo diverso. Nell’Induismo il Dio supremo venerato cambia a seconda delle diverse correnti di pensiero. I seguaci dello shivaismo, del vishnuismo e dello shaktismo, considerano rispettivamente Shiva, Vishnu o Shakti come la divinità suprema.
Ma c’è qualcosa di più immenso, al di sopra di tutto, comune in tutti i filoni dell’induismo.
E’ un PRINCIPIO UNIVERSALE, che va al di là del tempo e dello spazio, al di sopra di ogni divinità: è il Brahman, l’UNITA’ COSMICA.
Tutti gli esseri esistenti, umani e divini, la Trimurti stessa, sono una sua manifestazione. Ishvara è la Coscienza Assoluta dell’impersonale Brahman.
“Immagina un televisore. Tutto ciò che vedi nello schermo, tutto quello c’è dentro sono le divinità, gli uomini e le loro vicende, ma lo schermo, il televisore, è il Brahman”.
Gopi mi spiega così l’enigma cosmico, il principio del tutto.
Il Brahman si manifesta attraverso i Kalpa: fasi temporali in cui i mondi, o le molteplici realtà, nascono, si evolvono e muoiono.
Tre fasi: nascita, vita, morte. Ad occuparsi di queste tre fasi ci sono Brahama (creazione) Vishnu (mantenimento dell’equilibrio) e Shiva (distruzione).
GLI AVATAR
Oggi l’avatar è la nostra incarnazione nelle comunità virtuali, ma il suo reale significato originario viene proprio dall’India.
In sanscrito la parola avatar, avatāra, significa letteralmente “discesa”, si riferisce alla discesa di una divinità dal cielo sulla terra, sotto diverse forme e manifestazioni.
Il concetto di avatar nasce in contesto visnuita: Vishnu ha dieci avatāra, il suo compito è quello di ripristinare il Dharma (l’equilibrio cosmico, l’ordine), quindi è la divinità che più ha la necessità di presentarsi sulla terra.
Krishna è uno dei suoi avatar e viene tradizionalmente raffigurato con la pelle blu (come la pelle dei personaggi nel film Avatar).
Che Krishna sia un avatar di Vishnu è comunque un punto di vista.
Anche questo aspetto è visto diversamente in base alle correnti di pensiero: i seguaci del Krisnaismo considerano Krishna come il Dio supremo, e al contrario vedono Vishnu come una manifestazione minore di Krishna.
Ti starai forse chiedendo “Ma come è possibile?
Ci sarà qualcuno, come il Papa, che decide chi è l’avatar e chi è il Dio”.
No, l’induismo non funziona così.
L’Induismo dà la libertà di interpretare, nessuno ha il potere di decidere per tutti qual è la verità assoluta.
Torniamo dov’eravamo rimasti. Cosa sono gli avatar.
Se inizialmente il concetto di avatar era relativo a Vishnu in seguito molte altre divinità, secondo varie correnti dell’induismo, generarono dei loro avatar per presentarsi sulla terra.
La dea Parvati, dolce e quieta moglie di Shiva, in un momento di rabbia generò la dea Kali, dea dell’energia e della forza femminile.
Le divinità assumono diverse forme per scendere sulla terra, proteggere i loro devoti e ristabilire il Dharma (l’ordine, la verità, l’equilibrio cosmico).
« Così ogni volta che l’ordine (Dharma) viene a mancare e il disordine avanza, io stesso produco me stesso, per proteggere i buoni e distruggere i malvagi, per ristabilire l’ordine, di era in era, io nasco. » (Bhagavad-gita)
LE CORRENTI DI PENSIERO
L’induismo, nella sua forma moderna, si compone di numerose correnti filosofiche e religiose, spesso in contraddizione tra loro. Tutte queste correnti rendono l’Induismo veramente difficile da classificare.
« Dio è Uno, ma i saggi lo chiamano con nomi diversi » (Rig Veda, I, 164)
(Atharva Veda)
Alcuni sottogruppi praticano rituali di sesso, scelgono diete a base di carne e bevono alcool, mentre la maggior parte degli indù pone rigide limitazioni a tutte queste pratiche.
Ciò nonostante nessuno si permetterebbe di definire gli altri sottogruppi “non indù”, non c’è nessuna autorità che possa “scomunicare” e, anche se esistesse, non lo farebbe.
In India non esiste il concetto di contraddizione. Questo è evidente anche nella vita quotidiana, ed è l’aspetto che spesso noi occidentali non riusciamo a comprendere.
Nell’induismo non esiste la verità assoluta.
Gli stessi testi sacri, i Veda, possono essere interpretati diversamente in base ai 6 Darshana – letteralmente “punto di vista, opinione, indagine” – le sei scuole di pensiero dell’Induismo.
Le varie scuole di pensiero concordano sull’esistenza del Brahman e su una dottrina di base: la Samsara, il ciclo delle reincarnazioni.
Ogni anima si reincarna e durante ogni vita accumula un bagaglio di azioni negative o positive, che ne determina il karma.
Il karma è una legge di causa ed effetto: le azioni compiute nelle vite precedenti determinano le condizioni di vita della vita successiva.
« Come un uomo smettendo i vestiti usati, ne prende altri nuovi,
così l’anima incarnata, smettendo i corpi logori, viene ad assumerne altri nuovi.»
(Bhagavad-gita)
IL SISTEMA DELLE CASTE
La legge del karma influisce direttamente sulla struttura sociale della popolazione, che è rigidamente suddivisa in caste. La casta viene ereditata per nascita e il karma dell’individuo determina la casta in cui l’anima rinascerà.
Chi nasce tra le caste più elevate ha un buon karma e si merita una vita da benestante, perché ha agito positivamente nella vita passata.
Chi nasce nella miseria o si ammala accetta totalmente la sua condizione, è una sorte inevitabile e predeterminata, perché ha accumulato un karma negativo nelle vite precedenti, quindi è giusto soffrire in questa.
Il governo indiano ha abolito le caste nel 1950, ma in realtà l’appartenenza ad una casta determina ancora il ruolo sociale, il tipo di professione svolta, la persona da sposare (che deve appartenere alla stessa casta), diritti e doveri.
L’intero sistema è ancora basato sulle 4 caste:
- I Bramini: sacerdoti e intellettuali, coloro che conoscono i testi sacri e compiono funzioni spirituali e sacrifici.
- I Kshatria : guerrieri e nobili, coloro che governano e proteggono gli altri uomini.
- I Vaisia: contadini, mercanti e artigiani, coloro che producono e commerciano.
- I Shudra: servitori, coloro che usano la forza fisica nelle loro occupazioni e servono le caste superiori.
« Quando smembrarono Puruṣa, in quante parti lo divisero? Che cosa divenne la sua bocca? Che cosa le sue braccia? Come sono chiamate ora le sue cosce? E i suoi piedi? La sua bocca diventò il brāhmaṇa, le sue braccia si trasformarono nello kṣatriya, le sue cosce nel vaiśya, dai piedi nacque lo śūdra. » (Ṛgveda, X,90-11,12)
Al di fuori della scala gerarchica ci sono i fuori casta: i Dalit, meglio conosciuti come gli Intoccabili, coloro che lavorano a contatto con la morte e con ciò che è impuro.
Sono le persone che puliscono le strade, che bruciano i corpi nei burning-ghat, che rimuovono le carcasse di animali; ma sono anche le popolazioni tribali che vivono al di fuori della società e i figli nati da unioni tra due diverse caste.
I Dalit non possono entrare nei templi e non possono essere cremati quando muoiono. Chi tocca un Intoccabile deve subito lavarsi le mani.
In India le cose stanno lentamente cambiando e nelle grandi città sono ammessi anche matrimoni tra diverse caste, ma la maggior parte della popolazione nasce ancora in un inalterabile status sociale.
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franco
Molto chiaro. Grazie