
India – I Burning Ghat di Varanasi
Ogni giorno sulle rive del Gange vengono cremati centinaia di corpi.
Secondo l’induismo Varanasi è l’unico posto sulla Terra che permette agli uomini di sottrarsi al ciclo delle reincarnazioni, andando direttamente al paradiso di Shiva. Nel corso dei secoli milioni di indù sono venuti a morire in questa città.
Varanasi, come altre città, si affaccia sul Sacro Fiume Ganga (Dea Ganga, femminile) e ci sono numerosi ghats, le scalinate e piazzali che si affacciano sul fiume. I ghats dove avvengono le cremazioni dei corpi sono chiamati burning ghats.
I BURNING GHAT DI VARANASI
I burning ghats di Varanasi lavorano a pieno regime notte e giorno, non si fermano mai. Il Manikarnika ghat è quello più grande, destinato esclusivamente agli indù, mentre il più piccolo Harischandra ghat è il burning ghat “popolare”, per tutte le caste e tutte le religioni.
“La gente nasce e muore continuamente, non possiamo fermarci”, mi racconta Babu, la cui famiglia è proprietaria dell’ Harischandra ghat da generazioni inenarrabili.

Alcuni anziani scheletrici passeggiano e si fermano a contemplare il destino ormai prossimo. I cadaveri arrivano trasportati dai parenti su una lettiga di tronchi di bambù, vengono immersi nel Ganga – per essere purificati – e poi adagiati sulla riva, ad aspettare il proprio turno.
Molti dei cadaveri sono di persone anziane, ma quando si tratta di un giovane non è necessario guardare il corpo, basta osservare il volto dei parenti. Di fronte ad una morte prematura il dolore è più forte di qualsiasi religione.
Alcuni uomini dal volto coperto da un telo bianco – gli intoccabili – si occupano delle pire: con due bastoni uno di loro raccoglie un coccige annerito da un cumulo di braci e lo getta nel Ganga. “Il coccige è la parte del corpo che rimane dopo tre ore di rogo e viene gettato nel Ganga, il fiume sacro” mi rivela un signore seduto accanto a me, sulla panchina, come mi spiegasse la trama di uno spettacolo teatrale.
Un altro uomo dal volto coperto parla al telefono mentre smuove i tronchi di un’altra pira, da cui spunta una mano, non ancora avvolta dalle fiamme.
I cani scorrazzano attorno alle braci con la speranza di trovare qualcosa da mangiare. A volte lo trovano e scappano veloci in un angolo per proteggere il prezioso bottino.
“Alcuni cadaveri non vengono bruciati perchè non hanno bisogno della purificazione del fuoco: donne incinta, bambini, sadhu e lebbrosi vengono lasciati nelle acque del Ganga, dove pesci ed altri animali se ne ciberanno. Sulla terra ci sono i cani, nell’acqua ci sono i pesci. E’ la realtà, è il ciclo della vita”, continua Babu, rispondendo alle domande che ho in testa, ma che non riesco a porre.
Osservare la naturalezza con cui vengono bruciati questi corpi è di un impatto sconvolgente: la morte è lì, davanti a me, senza veli. E’ trattata con disinvoltura e leggerezza, all’aperto, sulla riva del fiume, sotto gli occhi di tutti.
Credo che questo sia un modo più sano di considerare la morte, che nella nostra cultura è invece un grande tabù. Nonostante sia l’unico avvenimento certo e inaggirabile della vita, la nostra società vive nella consapevole illusione che la morte sia lontana, come se fosse qualcosa che non ci riguarda.
Tutti pensiamo a vivere più a lungo, senza dare abbastanza importanza alla qualità della vita.
Varanasi è il luogo più intenso che abbia mai visto: vivo, emozionante, cruento e vivace allo stesso tempo, è un posto che induce alla riflessione e per questo è diventata la mia seconda casa.
NOTA MOLTO IMPORTANTE: fotografare ai burning ghat è vietato e irrispettoso, ho scattato le foto di questo articolo con l’autorizzazione dei parenti dei defunti. Frequento Varanasi da molti anni, conosco il proprietario e molti degli intoccabili che lavorano all’ Harishandra ghat.
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ambrasomewhere
Da tempo aspettavo che qualcuno mi raccontasse la sua esperienza a Varanasi, senza filtri, e tu hai saputo farlo più che bene!Splendida testimonianza!